giovedì 23 maggio 2013

A Cascia per un giorno

Ieri mi sono concessa un giorno di vacanza e per la prima volta sono andata in pellegrinaggio a Cascia e Roccaporena, i luoghi di culto di Santa Rita. La vita di questa Santa è straordinaria ma allo stesso tempo semplice, com'è stata la sua festa, ieri. Niente luminarie, niente megapalchi. Niente. Solo la fede della tanta gente andata lì per renderle omaggio.
La festa parrocchiale del quartiere dove sono nata è dedicata a Santa Rita ma ci sono le luci e la musica che un pò spostano l'attenzione dei fedeli e poi c'è il carro con il trattore che inquina mentre a Cascia la statua viene portata in spalla dai fedeli. Ah, dimenticavo: da Roccaporena a 6 Km di distanza!!
Comunque diamo a Cesare quel che è di Cesare: è stata la festa del mio quartiere a farmi scoprire la figura di questa Santa  ed io ero (e sono) molto legata a tale festa tant'è che fino al giorno prima della partenza ero titubante e pensavo che era inutile andare a cercare altrove quello che già avevo. In parte lo penso ancora ma devo dire che la "semplicità" con la quale quella festa mi si è presentata mi ha colpito davvero.

Con questo piccolo viaggetto andata e ritorno in giornata (poveri i miei piedi ancora gonfi), ho potuto assaporare un pò di Umbria con i suoi paesaggi totalmente diversi da quelli della nostra Murgia, bellissima ma desolata. Parola d'ordine: verde
Roccaporena vista dall'alto del monte dove Santa Rita si recava in preghiera
e ancora verde
Scorcio di panorama fotografato dalla parte opposta del monte
Forse le foto non rendono abbastanza ma vi assicuro che io di verde ieri ne ho visto tanto.
  
Scoglio di Santa Rita 


 Prossima tappa: Assisi (chissà, forse un giorno...)

Vabbè...Intanto qui avevo scritto che l'incubo concorso era finito, ma poi speravo che lo fosse solo momentaneamente: ho superato lo scritto per l'infanzia (ancora non ci credo)...l'incubo il sogno continuaaaaaaaaaaaa......

lunedì 13 maggio 2013

"In questo sacco c'è tutto il mio amore per te"

Carpina ha proprio ragione: hanno tagliato un albero nel nostro giardino, un gran bell'albero.

Il giardino adesso è spento, grigio, cupo e noi vaghiamo increduli al suo interno e continuamo a chiederci se quello che stiamo vivendo sia  un sogno. Tra poco ci sveglieremo e tireremo un sospiro di sollievo.  Ma così non è, l'albero non c'è più.

Non ci sono parole per descrivere il dolore che quel vuoto ha creato.

Non ci sono parole che descrivano la sofferenza che ha provato quell'albero nell' essere sradicato da questa terra.

Ed è questo che mi rattrista maggiormente.
L'unica consolazione e sapere che  adesso zio Nicola è con la sua mamma, il  suo papà e le sue adorate sorelle che aveva sempre nel cuore.

Dopo l'intervento lo chiamai e lui era contento perchè tutto era andato bene. In quell'occasione mi raccontò alcune vecchie storie. Quella che mi colpì maggiormente fu la storia  della "racanedde", ossia un grande telo in juta che qui al sud si usa stendere sotto gli ulivi e i mandorli durante la raccolta.  Lui aveva perso la sua e chiese quasi scherzando a sua madre, mia nonna, di cucirgliene un'altra. Quell'adorabile e amorevole mamma non se lo fece ripetere due volte e dopo qualche tempo gli presentò il telo:  mio zio rimase quasi scioccato, non credeva ai suoi occhi  giacchè cucire tra di loro pesanti sacchi di juta è molto faticoso, soprattutto per una persona anziana. Quel telo ora  aveva  assunto un altro valore e perciò mio zio si presentò con un pennarello indelebile a mia nonna e le chiese di scrivergli su due parole.

L'altra mattina, quando l'ho visto, ho riconosciuto subito la calligrafia sul lembo di tela che gli avevano adagiato sulle gambe: "NICOLA, QUESTA E' LA MIA EREDITA'. IN QUESTO SACCO C'E' TUTTO IL MIO AMORE PER TE"

Ciao zio Nick